Ma sono la medesima cosa? Non proprio.Nonostante abbiano aspetti che li accomunano, il rimuginio risulta più fastidioso e orientato a prefigurare pericoli nel futuro, mentre la ruminazione è maggiormente duratura e orientata ad analizzare e capire le cause del proprio malessere. Quindi la ruminazione è orientata al passato ed il rimuginio al futuro.
Il rimuginio
Si tratta di una delle componenti principali dell’ansia.
In particolare lo troviamo ben strutturato nel disturbo d’ansia generalizzato dove il paziente più che preoccuparsi rimugina ovvero passa il tempo ripetendosi che gli eventi andranno male o che qualcosa di spiacevole potrebbe capitargli.
Il dialogo con sè stesso è imprigionato in una spirale negativa dove gli scenari futuri non possono che essere nefasti.
Ma come funziona il circolo vizioso del rimuginio?
Ecco ciò che accade: rimuginare sulla situazione temuta ha lo scopo di prevenirla e controllarla. I soggetti si percepiscono poco capaci di poter controllare gli eventi incerti, per questo utilizzano il rimuginio come strumento esso deve servir loro ad anticipare un evento futuro negativo e quindi a controllarlo. Quando non si verifica il predetto si ha il rinforzo di tale processo. Borkovec ci dice che rimuginando su ciò che ci preoccupa, evitiamo di pensarci davvero. Questo accade perché non elaboriamo emozionalmente le preoccupazioni, le nostre paure e i fallimenti, ma ci crogioliamo in essi in maniera del tutto sterile. Perchè lo facciamo? Per ricevere un pò di sollievo.
Il rimuginio può essere rabbioso conseguente ad una situazione che ci ha coinvolti scatenando vergogna e/o sentimento di ingiustizia o che ha coinvolto altri (una guerra in un paese lontano) o che coinvolge tutti (l'evasione fiscale, l'inquinamento) Può essere desiderante .Nel desiderio vi è infatti la minaccia della chiusura nel pensiero rimuginante.Questo tipo di rimuginio è una strategia cognitiva consapevole e volontaria. Se la domanda che ci poniamo è "esiste un rimuginio che desidera" la risposta è certamente positiva anche se colpisce la connotazione positiva che il desiderio porta con se e la sua declinazione negativa nel rimuginio stesso. In ogni caso il pensiero ripetitivo dei pazienti è costellato da intrusioni mentali e sopressione dei pensieri.
La ruminazione
In terapia uno dei passaggi che spesso ci troviamo a condurre è quello di portare il paziente da pensieri del tipo "sono stupido, non valgo nulla" a "ho pensato di essere stupido e di non valere nulla".
Questo passaggio per niente scontato rappresenta uno dei passaggi fondamentali del percorso terapeutico.
Infatti molti di noi in momenti di difficoltà si attribuiscono caratteristiche negative a discapito della propria visione di sè. Inoltre tentare di analizzare le cause di un fallimento sulla scia di questi pensieri cercando di capire le proprie responsabilità tende ad alimentare l'umore depresso.
Questo tipo di paziente tende a vedere il processo di ruminazione come la via per la soluzione senza rendersi conto che è parte portante del problema. Ecco allora la richiesta implicita alla terapia : ruminare mi salverà e tu terapeuta puoi insegnarmi a ruminare meglio!
Questi pazienti effettuano la cosidetta "co-ruminazione" ovvero si impegnano a riportare minuziosamente in terapia il flusso ruminativo nel colloquio con il terapeuta.
In queste condizioni il terapeuta ha dei compiti preliminari da tener presente al fine di non essere egli stesso travolto nella co ruminazione e concludere le sedute con quella sensazione di aver parlato tanto,concluso poco. Sensazione che può essere esperita dal paziente per un certo periodo durante il processo terapeutico,ma non dal terapeuta che deve essere colui che conduce.
Primo: riconoscere ciò che accade: il processo ruminativo.
Secondo: portare il prima possibile l attenzione al processo stimolando il paziente a dialogare della ruminazione più che dentro alla ruminazione.
Che scopo darsi quindi ?
Occuparsi della ruminazione e portarla a galla sotto gli occhi del paziente
identificare le metacredenze che porta con sè e che la rendono falsamente valida
far assimilare al paziente che essa è parte del problema
provare a ridurla'
Tutto sarà rimandato a dopo quando una mente meno sofferente e ingombrata dai pensieri "ruminanti"potrà prendere decisioni più adeguate.
Una delle metacredenze che ritrovo spesso nei pazienti e tra le piu ingannevoli è la seguente:
attraverso la ruminazione ed il rimuginio è possibile crescere, migliorarsi ed evitare errori futuri.
Vi sono almeno tre obiezioni che bisogna muovere in terapia: Può avere un utilità certo. Pensare ci porta ad esaminare, scandagliare, guardare da più punti di vista. Divenuti dei veri intenditori del vero pensiero ruminante abbiamo giovato del positivo che esso porta con se, ma a che prezzo? Inoltre anche se la ruminazione potrebbe portarci nuove informazioni avviene per un breve tempo e poi si cristallizza impedendoci di fatto all'entrata e assimilazione di nuove informazioni utili. Se il rimuginio ci permette di prevenire sbagli esso rischia anche di bloccarci. Infine teniamo presente che la riflessione analitica non è l' unico mezzo di conoscenza dell' uomo L'essere umano soventemente impara attraverso lo studio, l' esperienza o improvvisi insight creativi. Se ci fermiamo e cristallizziamo nella ruminazione e nel rimuginio ci precludiamo altre vie del sapere.
La ruminazione nella relazione terapeutica può portare il terapeuta ad un disorientamento, il paziente può anche non essere consapevole del suo rimuginare è importante che il terapeuta si svincoli da sentimenti di impotenza e si rifiuti di lavorare a 4 mani alla ruminazione del soggetto.
Ecco che allora la terapia deve inserirsi non come rinforzo a tali processi, ma come breccia che apre nuove feritoie da dove possano entrare pensieri correttivi rispetto a quelli cristallizzati nel paziente. La vera consapevolezza si raggiungerà solo in un primo momento attraverso un cambio di pensiero,ma in ultima analisi sarà data da un cambiamento nel "sentire"del paziente che non ritroveràpiù nel rimuginio il nido sicuro in cui sostare.